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giovedì 30 ottobre 2014

SCIOPERO DEL COMMERCIO DEL 1 NOVEMBRE: PERCHÉ LO SOSTENIAMO

La lista L’Altra Emilia Romagna sostiene e condivide lo sciopero provinciale promosso dai sindacati del commercio per sabato 1 novembre. I motivi di questa scelta sono molto chiari: la rottura di ogni regola della società, il dispregio delle feste religiose e civili, il totale disinteresse per la vita dei lavoratori e delle loro famiglie sono le conseguenze delle liberalizzazioni volute da un governo che immagina un paese a misura di banche e supermercati, non certo a misura di lavoratori e famiglie.

É ampiamente dimostrato come allungare gli orari di apertura dei centri commerciali differenzia il momento degli acquisti senza minimamente aumentare la capacità di spesa di lavoratori che hanno gli stipendi più bassi d’Europa e il potere d’acquisto deteriorato dalle misure del Governo.
In tal modo non solo non giungono benefici ma si arreca un colpo mortale alla piccola distribuzione e ai negozi di vicinato dei centri storici, i quali non possono reggere i ritmi forsennati dei centri commerciali: il tutto ovviamente a vantaggio della grande distribuzione.
L’apertura selvaggia dei centri commerciali non sta portando alcun vantaggio ai consumatori mentre sta determinando, come facilmente prevedibile, un aumento dei prezzi al consumo, poiché allargare le aperture determina un aumento dei costi, per la maggior richiesta di lavoro e la necessità di rifornimenti nei giorni festivi. 

L’Altra Emilia Romagna è contraria alle liberalizzazioni selvagge, regalo alla lobby della grande distribuzione, che oggi non ha più alcun vincolo da rispettare e può disporre della vita dei lavoratori a suo piacimento. Poco importa se lavorare la domenica disgrega le famiglie, appesantisce ulteriormente i carichi di lavoro per le donne, visto che si tratta di personale prevalentemente femminile. E poco importa se con l’apertura dei centri commerciali si svuotano i centri storici per i quali le nostre amministrazioni spendono denari per inventarsi attività di animazione culturale. Senza considerare gli effetti di impoverimento culturale di una socializzazione, specialmente per le giovani generazioni, sempre più a misura "di centro commerciale".

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