Il partito della Sinistra Europea ha eletto il 13-15 Dicembre 2013 a Madrid Alexis Tsipras come candidato per la presidenza della Commissione dell’Unione Europea alle prossime elezioni del 25 maggio 2014.
La candidatura
del leader del partito di opposizione in Grecia simboleggia il riconoscimento
dei sacrifici del popolo greco. Simboleggia anche la solidarietà per tutti i
popoli del Sud dell’Europa che hanno subito le catastrofiche conseguenze
sociali dei Memoranda di austerità e recessione.
Ma, più che una
candidatura, è un mandato di speranza e cambiamento in Europa. È un appello per
la Democrazia a cui ogni generazione merita di partecipare, e in cui ogni
generazione ha il diritto di vivere. È una lotta per il potere di cambiare la
vita quotidiana della gente ordinaria. Per citare Aneurin Bevan, un vero
social-democratico e il padre del Servizio Sanitario Nazionale Britannico, il
potere per noi significa “l’uso di un’azione collettiva con lo scopo di
trasformare la società e innalzare tutti noi, insieme”.
Il manifesto di Alexis Tsipras presentato
al congresso della Sinistra Europea a Madrid il 13-15 dicembre 2013
Io non sono un
candidato del Sud dell’Europa. Sono un candidato di tutti cittadini,
indipendentemente dal loro indirizzo, sia del Nord sia del Sud, che vogliono
un’Europa senza austerità, recessione e raccomandazioni. La mia candidatura
aspira a raggiungere tutti voi, senza distinzioni di ideologie politiche e di
voti nelle elezioni nazionali. Unisce gli stessi popoli che sono divisi dalla
gestione neoliberista della crisi economica. Integra l’indispensabile alleanza
anti-Memorandum del Sud in un ampio movimento Europeo contro l’austerità - un
movimento per la ricostruzione democratica dell’unione monetaria.
La mia
candidatura si rivolge soprattutto ai giovani. Per la prima volta nell’Europa
del dopoguerra una giovane generazione ha aspettative peggiori rispetto a
propri genitori. I giovani vedono le proprie aspirazioni bloccate dall’elevata
disoccupazione e la prospettiva di crescere senza lavoro o sottopagati.
Dobbiamo agire - non per loro ma con loro - e dobbiamo agire ora!
Dobbiamo
urgentemente superare la divisione tra Nord e Sud dell’Europa e demolire il
“muro monetario” che separa gli standard e le possibilità di vita nel
continente.
L’Eurozona è
sull’orlo di un collasso. Questo non è dovuto all’Euro in se, ma al
neoliberismo – alle politiche di austerità che, anziché supportare la moneta
unica, l’hanno indebolita. Ma, insieme alla moneta unica, hanno indebolito
anche la fiducia dei cittadini nell’Unione Europea e il supporto per avanzare e
approfondire l’integrazione in Europa. È per questa ragione che crediamo che il
neo-liberismo non fa altro che stimolare l’euro-scetticismo. E che dovremmo
abbandonare l’austerità e recuperare la Democrazia.
Quello che è
successo negli anni della crisi è che l’estabishment politico ha colto
l’opportunità di riscrivere la politica economica del dopoguerra. La gestione
politica della crisi del debito dell’Eurozona è inserito nel processo di
trasformazione istituzionale dell’Eurozona Sud sul modello del Capitalismo
neo-liberista Anglo-Sassone. La diversità nelle istituzioni nazionali non è
tollerata. L’imposizione delle regole è la pietra fondante delle leggi
recentemente approvate dalla Commissione Europea per incrementare il controllo
economico sull’Eurozona. La Cancelliera Merkel in Germania, insieme all’élite
burocratica neo-liberista di Bruxelles, tratta la solidarietà sociale e la
dignità umana come ostacoli economici e la sovranità nazionale come un
fastidio. L’Europa è costretta a indossare la camicia di forza dell’austerità,
delle disciplina e della deregolamentazione. Peggio ancora, l’Europa rischia
una “generazione perduta” della sua popolazione più giovane e talentuosa.
Questa non è la
nostra Europa. È solo l’Europa che vogliamo cambiare. Al posto di un’Europa
piena di paura della disoccupazione, della disabilità, della vecchiaia e della
povertà; al posto di un’Europa che ridistribuisce i guadagni ai ricchi e la
paura ai poveri; al posto di un’Europa che serve le necessità dei banchieri,
vogliamo un’Europa al servizio dei bisogni umani.
Il cambiamento è
possibile e avverrà! Coloro che dicono che l’Europa in cui viviamo non può
cambiare, lo dicono perché non vogliono che l’Europa cambi. Perché hanno
interessi a non voler cambiare l’Europa. Dobbiamo riunire l’Europa e
ricostruirla su basi democratiche e progressive. Dobbiamo riconnettere l’Europa
con le sue origini illuministiche e dare priorità alla Democrazia. Perché
l’Unione Europea sarà democratica o cesserà di esistere. E per noi, la
Democrazia non è negoziabile.
La sinistra Europea si sta battendo per una
Europa democratica, sociale ed economica. Questi obbiettivi strategici
definiscono le nostre tre priorità politiche:
1. Porre
fine all’austerità e alla crisi.
Un’Eurozona
senza austerità è possibile. Perché l’Austerità è in sé una crisi – non è una
soluzione per la crisi. Costringe l’Europa ad oscillare tra recessione e un
incremento anemico del GDP. Ha gonfiato la disoccupazione registrata in Europa.
È la causa dell’incremento del debito pubblico dell’Eurozona dal 70,2% nel 2008
al 90,6% nel 2012. A
questo scopo, lavoreremo per una soluzione comprensiva e definita del debito
dell’Eurozona. Apriremo la strada alla reflazione coordinata delle economie
Europee. Perchè la deflazione minaccia la stabilità. Abbiamo riassunto il
nostro piano politico contro la crisi in dieci punti, e la presenteremo nella
prossima sezione.
2. Mettere in moto la trasformazione
ecologica della produzione.
La crisi non è
solo economica. È anche ecologica, nel senso che riflette un paradigma
economico insostenibile in Europa. Di conseguenza, abbiamo bisogno di una
simultanea trasformazione economica ed ecologica delle società europee per
emergere dalla crisi e creare una solida base per lo sviluppo con giustizia
sociale, impiego stabile e decente e una migliore qualità di vita per tutti.
Abbiamo bisogno di questa trasformazione adesso! La gestione della crisi
nell’Eurozona Sud attraverso la famigerate “Troika” ha aggiunto una crisi
ambientale alla crisi fiscale di quelle nazioni, rinforzando la divisione tra
il Nord e il Sud. Inoltre, col pretesto della crisi e la ricerca di una
soluzione rapida alla situazione economica, l’Unione Europea e gli stati membri
hanno rilassato le proprie politiche ecologiche e limitato la sostenibilità,
nel migliore dei casi, a misure di efficienza energetica e di materie prime. Un
caso tra tutti, anche se l’Europa abbonda di casi simili, e il supporto dato
dal governo greco alla multinazionale mineraria Eldorado Gold, che ha iniziato
operazioni minerarie su larga scala nella foresta primordiale di Skouries in
Halkidiki.
L’Europa ha
bisogno di un cambio di paradigma a favore della sostenibilità. A questo scopo,
abbiamo bisogno di una politica pubblica ecologica che dia priorità alla
sostenibilità e qualità, cooperazione e solidarietà. Per esempio, una politica
pubblica ecologica pianificherebbe, incoraggerebbe e finanzierebbe
un’istruzione a favore della sostenibilità e indirizzerebbe verso carriere in
settori sostenibili. La trasformazione ecologica della produzione include
un’ampia gamma di settori politici, quali: riforma delle tasse, che cambierebbe
la logica della tassazione spostando il suo peso sul consumo di risorse
piuttosto che sull’impiego, l’eliminazione di sovvenzioni a imprese nocive per
l’ambiente, la preservazione della biodiversità, la sostituzione dell’energia
convenzionale con risorse rinnovabili, l’investimento nella ricerca ambientale
e lo sviluppo di coltivazione organica e trasporto sostenibile, insieme al
rifiuto di qualsiasi accordo commerciale trans-atlantico che non garantisca
alti standard sociali ed ambientali.
3. Riformare la struttura dell’immigrazione
in Europa.
La ricerca umana
di una vita migliore è inarrestabile. I confini bloccano i diritti umani, non
le persone. Finché rimane la differenza tra i guadagni e le prospettive dei
pesi d’origine e quelli dell’Unione Europea l’immigrazione in Europa continuerà
ad aumentare. L’Unione Europea dovrebbe dimostrare doppia solidarietà: esterna,
verso i paesi d’emigrazione, e interna, con un giusto collocamento geografico
degli immigrati. In particolare, l’Unione Europea dovrebbe prendere
l’iniziativa politica per una nuova relazione con questi paesi, migliorando
l’assistenza allo sviluppo e la capacità per lo sviluppo endogeno con pace, democrazia
e giustizia sociale. In parallelo, è necessario cambiare l’architettura
istituzionale per l’asilo e l’immigrazione. Dobbiamo assicurare la protezione
dei diritti umani nel territorio europeo e pianificare misure per salvare i
migranti in mare aperto, per organizzare centri di accoglienza e adottare nuove
leggi che regolino l’accesso dei migranti ai Paesi europei in modo giusto e
proporzionato, prendendo in considerazione, per quanto possibile, i desideri
individuali. I fondi dell’Unione dovrebbero essere distribuiti in modo più
sensato; le recenti tragedie di Lampedusa e Farmakonisi dimostrano che sia il
Patto Europeo per l’Immigrazione, l’Asilo e la Regolazione Dublino II
[Regulation (EC) 343/2003 and Regulation (EU) 604/2013] devono essere corretti
immediatamente. Soggetti a semplici e trasparenti criteri, i migranti
dovrebbero avere la possibilità di chiedere asilo direttamente allo stato
membro a loro scelta e non al Paese attraverso cui entrano nell’Unione Europea.
Il paese d’ingresso dovrebbe fornirgli documenti di viaggio che permettano di
raggiungere la loro destinazione. Rifiutiamo la “Fortezza Europa” che non fa
altro che promuovere xenofobia, razzismo e fascismo. Lavoriamo per un’Europa
che sia inattaccabile dall’estrema destra e dal neo-nazismo.
Ma l’Europa non
sarà ne sociale ne ecologica se non è democratica. E se non è democratica,
alienerà i suoi cittadini proprio come succede oggi. Perché, in questo momento
cruciale, l’Unione Europea è decaduta in un’oligarchica anti-democratica al
servizio delle banche, delle multinazionali e dei ricchi. La Democrazia, in
Europa, è in ritirata. E non c’è dubbio che dobbiamo porre fine all’austerità
per recuperare la Democrazia. Questo perché l’austerity neo-liberista è stata
imposta ai Paesi del Memorandum per mezzo di misure legislative che
indeboliscono i Parlamenti nazionali; ha rimosso diritti sociali ed economici
dei cittadini mediante misure proprie degli stati di polizia. Allo stesso
tempo, la struttura e le operazioni delle istituzioni europee, alle quali sono
state trasferite le competenze e i diritti nazionali sono prive di legittimità
democratica e trasparenza. Burocrati anonimi al di sopra della legge non
possono sostituire i politici eletti.
Ma, perché la
discussione della democrazia in Europa sia significativa, l’unione Europea
necessita di un budget significativo e di un Parlamento Europeo che ne decida
l’allocazione e che insieme ai Parlamenti nazionali decida l’esecuzione e
controlli la sua efficienza. La riorganizzazione democratica dell’Unione
Europea è l’obbiettivo politico per eccellenza. A questo scopo, dovremmo
estendere la partecipazione del pubblico e l’interesse dei cittadini nello
sviluppo delle politiche e dei servizi europei. In parallelo, dovremmo
potenziare le istituzioni che hanno una legittima base democratica, come il
Parlamento Europeo e i parlamenti nazionali. Questo implica iniziative
politiche concrete, come primo passo nel restituire ai parlamenti nazionali il
ruolo centrale nella legislazione e nelle decisioni sul budget nazionale.
Questo significa la sospensione degli articoli 6 e 7 della Regolazione (EU)
473/2013 (il secondo dei due pacchetti di atti legislativi nell’Eurozona)
riguardo al monitoraggio e la valutazione dei piani economici nazionali, che
danno alla Commissione Europea il diritto di controllare e modificare i budget
nazionali prima dei rispettivi parlamenti. Secondariamente, come è stato già
detto, implica che sia il Parlamento Europeo che i Parlamenti nazionali abbiano
maggior controllo sul budget europeo. Implica anche che il parlamento europeo
sia un meccanismo democratico di controllo sul Consiglio Europeo e la
Commissione Europea. Ma un’Europa democratica non può essere democratica e
consensuale entro i propri confini e arrogante, militaristica e guerrafondaia
all’estero. Per questa ragione, abbiamo bisogno di un sistema di sicurezza
europeo fondato sul negoziato e sul disarmo. Nessun soldato europeo dovrebbe
operare al di fuori dell’Europa.
I. UN PIANO
IN 10 PUNTI CONTRO LA CRISI, PER LA CRESCITA CON GIUSTIZIA SOCIALE E IMPIEGO
PER TUTTI.
L’Eurozona è il
livello ideale per implementare politiche progressiste finalizzate alla
crescita, alla redistribuzione delle ricchezze e alla creazione di posti di lavoro.
Questo perchè l’unione monetaria ha maggiore libertà di ciascuno dei suoi
costituenti presi separatamente ed è meno esposta alla volatilità e instabilità
dell’ambiente esterno. Ma il cambiamento richiede sia un piano politico
fattibile che un’azione collettiva.
Per concludere
la crisi Europea è necessario un drastico cambio di regime. Per questa priorità
serve il nostro piano politico di dieci punti:
1. Immediata
fine dell’austerità
L’Austerità è
una medicina nociva somministrata al momento sbagliato con devastanti
conseguenze per la coesione della società, per la democrazia e per il futuro
dell’Europa. Una delle cicatrici lasciate dall’austerità che non mostra segni
di guarigione è la disoccupazione - in particolare tra i giovani. Oggi, quasi
27 milioni di persone sono disoccupati nell’Unione Europea, di cui più di 19
milioni nell’Eurozona. La disoccupazione ufficiale nell’Eurozona è salita dal
7,8% nel 2008 al 12,1% nel Novembre 2013. In Grecia, dal 7,7% al 24,4% e in Spagna
dal 11,3% al 26,7% nello stesso periodo. La disoccupazione giovanile in Grecia
e Spagna si aggira intorno al 60%. con 4,5 milioni di under-25 disoccupati,
l’Europa firma la sua condanna a morte.
2. Un New Deal europeo
L’economia
europea ha sofferto 6 anni di crisi, con disoccupazione media sopra il 12% e il
rischio di una depressione pari a quella degli anni 30. l’Europa potrebbe e
dovrebbe prendere in prestito denaro a basso interesse per finanziare un
programma di ricostruzione economica focalizzato sull’impiego, sulla tecnologia
e sull’infrastruttura. Il programma aiuterebbe le economie colpite dalla crisi
ad emergere dal circolo vizioso di recessione e incremento del debito, creare
posti di lavoro e sostenere il recupero economico. Gli Stati Uniti ce l’hanno
fatta. Perché non noi?
3. L’espansione dei prestiti alla piccola e
media impresa
Le condizioni
dei prestiti in Europa è nettamente deteriorata. Le piccole e medie imprese
sono state colpite ancora più duramente. Migliaia di queste, soprattutto nelle
economie in crisi del Sud dell’Europa sono state costrette a chiudere, non
perché non erano sostenibili, ma perché il credito era esaurito. Le conseguenze
per i posti di lavoro sono state terribili. I tempi straordinari richiedono
misure straordinarie: la banca centrale europea dovrebbe seguire l’esempio
delle Banche Centrali degli altri paesi e fornire prestiti a basso interesse
alle banche se queste accettano di fare credito a piccole e medie imprese.
4. Sconfiggere la disoccupazione
La
disoccupazione media europea è la più alta mai registrata. Molti dei
disoccupati rimangono senza lavoro per più di un anno e molti giovano non hanno
mai avuto l’opportunità di ricevere un salario per un impiego decente. La
maggior parte della disoccupazione è il risalutato dello scarso o nullo
sviluppo economico, ma anche se la crescita riprende, l’esperienza ci insegna
che sarà necessario molto tempo perché la disoccupazione torni al livello di
prima della crisi. L’Europa non può permettersi aspettare così a lungo. Lunghi
periodi di disoccupazione sono devastanti per le abilità dei lavoratori,
specialmente i giovani. Questo nutre l’estremismo di destra, indebolisce la
democrazia e distrugge l’ideale europeo. L’Europa non dovrebbe perdere tempo,
dovrebbe mobilitarsi e ridirigere i Fondi Strutturali per creare significative
possibilità d’impiego per i cittadini. Laddove i limiti fiscali degli stati
membri sono stretti i contributi nazionali dovrebbero essere azzerati.
5. Sospensione del nuovo sistema fiscale
europeo
Il sistema fiscale
europeo richiede pareggio di bilancio anno per anno, indipendentemente dalle
condizioni economiche dello stato membro. Di conseguenza rimuove la possibilità
di usare le politiche fiscali come uno strumento di stabilità nei momenti di
crisi, quando è più necessario, mettendo in pericolo la stabilità economica. In
breve, è un’idea pericolosa. L’Europa necessita di un sistema fiscale che
assicuri la responsabilità fiscale sul medio termine e allo stesso tempo
permetta agli stati membri di usare lo stimolo fiscale durante una recessione.
Una politica modificata ciclicamente che esenti gli investimenti pubblici è
necessaria.
6. Una vera e propria banca europea
Serve una vera e
propria banca europea che possa prestare denaro come ultima risorsa per gli
stati membri e non solo per le banche. L’esperienza storica suggerisce che le
unioni monetarie di successo necessitano di una banca centrale che adempia a
tutte le funzioni di una banca e non serva solo a mantenere la stabilità dei
prezzi. Il prestito a uno stato bisognoso dovrebbe essere incondizionato e non dipendente
dall’accettazione di un programma di riforme con il Meccanismo di Stabilità
Europea.
7. Aggiustamento macroeconomico
I paesi in
surplus dovrebbero lavorare quanto i paesi in deficit per correggere il
bilanciamento macroeconomico all’interno dell’Europa. L’Europa dovrebbe
monitorare valutare e richiedere azione dai Paesi in surplus sotto forma di
stimolo, per alleviare la pressione unilaterale sui Paesi in deficit. L’attuale
asimmetria non danneggia solo i paesi in deficit. Danneggia l’intera Europa.
8. Una Conferenza del Debito Europeo
La nostra
proposta è ispirata ad uno dei più lungimiranti momenti nella storia politica
Europea. questo è l’Accordo di Londra sul Debito del 1953, che alleviò il peso
economico della Germania, aiutando a ricostruire la nazione dopo la guerra
aprendo la strada per il suo successo economico. L’Accordo richiedeva il
pagamento di, al massimo, la metà dei debiti, sia privati che intergovernativi.
Legava i tempi del pagamento all’abilità del Paese di ripagare, diluendoli su
un periodo di 30 anni. Collegava il debito allo sviluppo economico, seguendo
una implicita clausola di crescita: nel periodo tra il 1953 e 1959 gli unici
pagamenti dovuti erano gli interessi del debito. Questo ritardo nei pagamenti
aveva lo scopo di concedere alla Germania il tempo di recuperare. A partire dal
1958, l’Accordo prevedeva pagamenti annuali che diventarono sempre meno
significativi con la crescita dell’economia. L’accordo prevedeva che la
riduzione dei consumi della Germania, quello che oggi chiamiamo “devalutazione
interna”, non era un metodo accettabile di assicurare il pagamento dei debiti.
I pagamenti erano condizionati dalla possibilità di pagare. L’Accordo di Londra
è in diretto contrasto con l’erronea logica dei pagamenti richiesti dal
trattato di Versailles, che ostacolava la ricostruzione dell’economia tedesca e
creava dubbi sulle intenzioni degli Alleati. L’Accordo di Londra rimane un
piano d’azione utilizzabile anche oggi. Non vogliamo una Conferenza del Debito
Europeo per il Sud dell’Europa. Vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per
l’Europa. In questo contesto, si dovrebbero usare tutti gli strumenti politici
disponibili, inclusi i prestiti dalla Banca Europea come ultima risorsa oltre
alla istituzione di un debito sociale europeo, come gli Eurobond, per
sostituire i debiti nazionali.
9. Un Atto Glass-Steagall Europeo
L’obbiettivo è
separare le attività commerciali e gli investimenti bancari per prevenire la
loro unificazione in un’entità incontrollabile.
10. Una legislazione Europea effettiva
Per tassare
l’economia e le attività imprenditoriali offshore.
II.
Questo è il momento di cambiare!
Per rendere
possibile questo cambiamento, dobbiamo influenzare in modo decisivo la vita dei
cittadini europei. Non vogliamo semplicemente cambiare le attuali politiche, ma
anche estendere l’interesse e la partecipazione del pubblico nella politica e
nella scrittura delle leggi europee. Di conseguenza dobbiamo creare la più
ampia possibile alleanza politica e sociale.
Dobbiamo
alterare l’equilibrio del potere politico per poter cambiare l’Europa. Il
neo-liberismo non è un fenomeno naturale nè qualcosa di invincibile. È solo il
prodotto di scelte politiche in un particolare equilibrio storico di forze.
Deve la sua longevità come paradigma economico a politiche socio-democratiche
risalenti agli anni ’90. Queste hanno favorito i principi neo-liberisti in
corrispondenza a una progressiva deriva verso destra. Per molti Europei, i
socio-democratici sembrano l’eco di un’era passata. Non per noi! Ma il disagio
sociale dell’attuale crisi e lo scetticismo dell’elettorato verso lo status quo
politico hanno condotto le loro strategia ad uno stallo. I socio-democratici
non possono permettersi di perdere tempo. Qui ed ora, devono fare uno storico
passo in avanti per ridefinirsi nella percezione e nella coscienza pubblica
come una forza della sinistra democratica. Ridefinendosi in opposizione al
neo-liberismo e alle fallimentari politiche del Partito Popolare Europeo e dell’Alleanza
Liberale. O, com’è stato accuratamente detto, diventando una forza politica
“disposta ad essere tanto radicale quanto la stessa realtà”.
L’Europa è arrivata ad un bivio critico.
Nelle elezioni europee del 25 Maggio 2014, due chiare alternative per il
presente ed il futuro sono sul tavolo: o rimaniamo immobili con i conservatori
e i liberisti, o ci muoviamo avanti con la Sinistra Europea. O acconsentiamo
allo status quo neo-liberista - fingendo che la crisi si possa risolvere con le
stesse politiche che l’hanno causata- o guardiamo al futuro rappresentato dalla
Sinistra Europea.
Ci rivolgiamo
soprattutto all’ordinario cittadino europeo che tradizionalmente ha votato per
i socio-democratici: per prima cosa, perché eserciti il suo diritto di voto il
25 Maggio, anziché astenersi e lasciare che gli altri votino al suo posto, e che
voti per la speranza ed il cambiamento – votando la Sinistra Europea. Possiamo
ricostruire la nostra Europa di lavoro, cultura ed ecologia. Ancora una volta
nella storia della nostra casa comune- che è l’Europa - dobbiamo ricostruirla
come un insieme di società democratiche e giuste. Per ricostruire l’Europa è
necessario cambiarla. E dobbiamo cambiarla adesso, perché sopravviva.
Mentre le
politiche neo-liberiste trascinano indietro la ruota della Storia, è il momento
che la sinistra spinga avanti l’Europa.
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